La sezione Li Monti – Museo Geologico del Monticino

MUSEO GEOLOGICO DEL MONTICINO

La sezione Li Monti
Il letto della vena

Schema degli episodi ciclici di ossidazione e riduzione della materia organica documentati nelle peliti eusiniche: a) e c) fondali ossigenati = peliti chiare; b) fondali asfittici = peliti scure (disegni M. Sami).
  1. Il Museo Geologico all’aperto
  2. Un libro di pietra
  3. Il gesso
  4. Indizi del passato
  5. I Gessi brisighellesi
  6. La grotta Tana della Volpe
  7. Rocce e paesaggio
  8. Argille Azzurre
  9. La paleosuperficie messiniana
  10. Trappole preistoriche
  11. Il fronte di cava
  12. Il banco selenitico
  13. La grotticella dei cristalli
  14. Strati scoperchiati
  15. La sezione Li Monti
  16. Gli animali e la cava
  17. Flora della cava
  18. Il gesso e l’Uomo
“Pesce lanterna” attuale. Nelle peliti “scure” i fossili più abbondanti sono i resti di tali pesci di mare profondo (Fam. Myctophidae) con organi luminosi lungo il corpo (vere e proprie “lucciole” degli abissi marini!).
Il gasteropode Aporrhais serresiana, un “piede di pellicano” di acque profonde.

Questo è uno dei migliori punti dell’intera Vena del Gesso per osservare le rocce sulle quali poggia la Gessoso-solfifera, ovvero le cosiddette peliti eusiniche (note anche come “ghioli di letto”).

Schema della Sezione Li Monti. Al tetto le argille “chiare” vengono sostituite da 5 – 6 livelletti calcarei (cicli carbonatici); gli strati gessosi sono banchi basali (1° e 2° ciclo evaporitico) deformati in seguito a spinte tettoniche.

Peliti eusiniche

Grande “rosa di gesso” rinvenuta nella cava Monticino, frutto della lenta evaporazione di acque, soprasature in solfato di calcio, che si muovevano per capillarità all’interno delle peliti eusiniche.

Sovrapposte ai termini più recenti della Formazione Marnoso-arenacea, queste peliti (ovvero rocce argillose e siltose) vengono definite “eusiniche” in quanto simili ai fanghi degli attuali fondali stagnanti del Mar Nero, per gli antichi Pontus Euxinus, risultando costituite da una tipica alternanzadi straterelli argillosi chiari e scuri.

Quelli chiari sono massivi e con abbondanti resti di organismi bentonici (cioè che vivevano sul fondo) mentre gliscuri, fittamente stratificati e con resti di pesci e altri organismi planctonici, se aperti emanano odore di bitume.

Si ritiene che i primi derivino da antichi fondali marini ossigenati e quindi ricchi di vita, mentre i secondi da fondi asfittici, cioè privi di ossigeno.
Questi episodi ciclici di ossidazione e riduzione della materia organica suggeriscono la progressiva diminuzione della circolazione delle acque del Mediterraneo di allora che avrebbe portato alla “crisi di salinità” messiniana.

Cristalli esagonali di biotite da livelletti di ceneri vulcaniche. La loro analisi radiometrica ha permesso di datare le peliti eusiniche tra 8 e 6 milioni di anni da oggi (foto P. Ferrieri).

I dati geologici e paleontologici suggeriscono per tali sedimenti un ambiente di deposizione costituito da un fondale marino profondo alcune centinaia di metri (scarpata continentale) mentre l’analisi di alcuni sottili orizzonti di “ceneri”, eruttate da antichi vulcani dell’area tirrenica toscana, ha permesso di collocarne la datazione tra 8 e 6 milioni di anni fa.

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testi di M. Sami